Le aree interne comprendono i Comuni italiani distanti dai luoghi di offerta di servizi di base come istruzione, sanità e trasporti.
Si tratta di territori marginalizzati e a rischio di abbandono, che ad oggi costituiscono circa il 60% della superficie italiana, con circa 4.000 centri che rientrano in questa categoria, in cui risiedono oltre 13 milioni di cittadini (il 22,7% della popolazione italiana).
Queste aree hanno subito, già a seguito della Seconda Guerra Mondiale, un progressivo processo di marginalizzazione, risultato nello spopolamento, nell'invecchiamento della popolazione, nella diminuzione a livello qualitativo e quantitativo dei servizi essenziali, nell’indebolimento dell’offerta formativa e nel degrado dell’immenso patrimonio naturale e culturale, favorendo anche il dissesto idro-geologico. Fenomeni interconnessi, che sono causa e conseguenza della riduzione del benessere per i cittadini e che intaccano il godimento del diritto alla cittadinanza.
Nonostante ciò, alcuni Comuni hanno dimostrato come il processo non sia inevitabile e come, anzi, sia possibile sviluppare le potenzialità di queste realtà attraverso la valorizzazione dei territori e la cooperazione tra amministrazioni comunali per fornire adeguati servizi di base, contrastando in questo modo il fenomeno di abbandono e incentivando il rilancio delle aree.
Le aree interne vengono individuate, dal 2012, a partire da quello che viene definito il Comune 'polo', ossia un centro abitato con:
- un'offerta scolastica superiore (almeno un liceo o un istituto tecnico o professionale);
- un ospedale di livello DEA I (servizi di pronto soccorso e funzioni di medicina generale);
- una stazione ferroviaria Silver (impianti medio-piccoli per servizi metropolitani e regionali).
A determinare la definizione dei Comuni delle aree interne è la relativa distanza dal 'polo', calcolata in minuti di percorrenza stradale. I criteri utilizzati sono stati aggiornati e ridefiniti in maniera più precisa in occasione della nuova mappatura, realizzata dal Dipartimento per le Politiche di Coesione e dall'ISTAT, tenendo conto dei servizi effettivi e delle distanze riscontrabili alla fine del 2019, nonché dei dati emersi dal Censimento della popolazione 2020.
Rispetto alla precedente Mappa 2014, nell'elaborazione dei dati 2020 si nota una riduzione dei Comuni 'polo' o appartenenti a Poli intercomunali, che passano da 339 a 241, per una popolazione di 22.046.887 abitanti (circa 2,2 milioni rispetto al 2014). Questo calo è frutto di una distribuzione dei servizi sul territorio meno omogenea, ma anche di un'analisi più approfondita rispetto a quella precedente.
Di contro, aumentano i Comuni di 'cintura' (fino a 27,7 minuti di distanza dal 'polo'). Il dato più preoccupante riguarda però la crescita dei cittadini appartenenti a Comuni 'periferici' e 'ultra-periferici', che risultano cioè distanti anche più di un'ora di strada dai centri che forniscono i servizi essenziali.
Complessivamente, la popolazione che vive nelle aree interne è aumentata quindi di oltre 2,2 milioni. Ciò non può far pensare però a una crescita demografica in queste aree, che invece continuano a subire un processo di spopolamento, bensì a un loro allargamento anche a nuovi territori, come testimonia anche il numero dei Comuni interessati.
Coerentemente con le variazioni registrate nella nuova mappa, è in corso una ridefinizione anche della Strategia Nazionale per le Aree Interne, in occasione della programmazione 2021-2027.